Gusti musicali: percezioni e (pre)giudiziRubriche

Gusti musicali: contesti e (pre)giudizi

La rubrica dedicata all’ascolto consapevole: perché ti piace una canzone? Perché non sopporti quel genere? Non ti piace o non lo capisci?
E se non lo capisci, è perché non hai consapevolezza del suo linguaggio?

Un viaggio nella comprensione dell’ascolto dei brani,
a cura di Nicolò Ugolini

La redazione di BLOM

Nelle puntate precedenti…

Gli articoli precedenti della rubrica sono stati dedicati, come ricorderete, alla musica elettronica. Per essere precisi (o piuttosto per non esserlo), ci siamo tenuti sul vago nel definire questo tipo di musica.

Questo per due motivi: innanzitutto, contrariamente a quel che troppo frettolosamente si può pensare, esistono numerosissimi generi e sottogeneri nell’ambito della cosiddetta musica elettronica.

La seconda ragione si lega strettamente all’idea fondamentale che ha guidato la riflessione nei diversi articoli: l’idea che non esista qualcosa come il modo di ascoltare musica.

Al contrario, abbiamo espresso e provato ad esplorare il punto di vista di una pluralità di ascolti e questo attraverso una riflessione su un genere musicale particolarmente insidioso come l’elettronica.

Sulla scia di questi ragionamenti, vorremmo ora focalizzare l’attenzione su un particolare aspetto della musica, cioè la sua capacità di restituire più o meno fedelmente un’immagine del proprio tempo, in particolar modo del nostro.

Sign o’ the Times

Questa capacità, o per meglio dire caratteristica della musica, è propria dell’arte in tutte le sue forme. Certo, secondo una certa sensibilità estetica l’arte avrebbe per oggetto la rappresentazione di un qualcosa (sia esso chiamato Assoluto, Idea, Universale) di sostanzialmente temporale, immutabile, eterno.

Non si può negare, tuttavia, che l’arte rientri nell’insieme delle produzioni umane, e come tale viene a dipendere in modo marcato dallo stile, dai pensieri e dal quadro culturale mutevole dell’artista e del panorama artistico di un’epoca.

In altri termini, ammesso e non concesso che l’oggetto dell’arte sia da sempre il medesimo, non si possono non cogliere i numerosi indizi che ogni rappresentazione fornisce a proposito della propria epoca.

Ecco dunque il tema dei prossimi articoli. Se la musica lascia spazio a diverse e numerose modalità di ascolto, si potrebbe pensare che questo sia in qualche modo collegato ad un cambiamento della musica stessa nel tempo, dei generi certamente, ma anche delle modalità di ascolto (pensate all’evoluzione tecnologica che ci ha portato dal giradischi all’iPod) e del ruolo che la musica ricopre nella nostra vita quotidiana.

Qualche precisazione

Per chiarire alcuni degli aspetti menzionati ci vorremmo rifare ad una sorta di analisi testuale e contestuale di alcune canzoni che, in un modo o nell’altro, ci sembrano ben rappresentare lo “spirito” della nostra epoca. Non seguiremo necessariamente l’ordine cronologico di pubblicazione dei brani.

Questo essenzialmente per esigenze di tipo argomentativo, ossia per poter meglio adattare le analisi delle canzoni alla narrazione che vorremmo esprimere, piuttosto che farci guidare passivamente dalla cronologia dei dischi.

Va da sé che la conseguenza principale di questa scelta sia una minore attinenza ai fatti, in favore di una ricostruzione forse a tratti arbitraria, ma che vuole comunque provare a gettare una luce sul nostro modo di rapportarci alla musica.

Nel prossimo articolo partiremo quindi dall’analisi di un fenomeno musicale piuttosto controverso: la musica trap.

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