Un’opera totale (seconda parte)
Gusti musicali: percezioni e (pre)giudizi
La rubrica dedicata all’ascolto consapevole: perché ti piace una canzone? Perché non sopporti quel genere? Non ti piace o non lo capisci?
E se non lo capisci, è perché non hai consapevolezza del suo linguaggio?Un viaggio nella comprensione dell’ascolto dei brani, grazie alla rubrica “Gusti musicali: percezioni e (pre)giudizi” a cura di Nicolò Ugolini
La redazione di BLOM
Il mondo della musica
Nel definire la sua “opera d’arte totale”, Wagner parlava di un altro elemento cruciale, di pari se non di maggior valore delle stesse arti e della loro riduzione alla musica: il popolo.
La sua arte non si sviluppa in un mondo separato dal nostro, ma è la più immediata espressione delle persone che lo abitano, della loro cultura e della loro esistenza reale.
Nel fare nostra questa idea ribadiamo un concetto che spesso sembra essere compreso solo a parole e raramente nei fatti e che potremmo riassumere nella formula “musica è vita”. Una vita fatta di persone che si incontrano, che condividono emozioni e esperienze.
Un piccolo esperimento
Vorrei provare a immaginare due tipi di spettatori: l’uno di un concerto in cui a esibirsi è una band o una formazione di strumentisti (ad esempio un trio blues), l’altro di un DJ set.
Non dico che questo accada in tutti i casi, però possiamo senza troppi problemi immaginare che l’attenzione del primo spettatore sia per la maggior parte del concerto rivolta alla musica che viene suonata.
Il secondo spettatore, dal canto suo, farà vagare il suo sguardo e la sua attenzione in numerosissime direzioni: dal mare di gente presente alle imponenti scenografie e coreografie, dalla musica all’atmosfera di festa. Se questa descrizione ci fa pensare che il primo sia un ascoltatore più attento del secondo, ecco un altro esempio che sembra smentirci.
Un chitarrista che assiste a un concerto dei Dream Theater potrebbe benissimo spendere le sue due ore abbondanti a fissare le mani di John Petrucci sperando di capirci qualcosa.
Risultato: la linea di basso (come se ce ne fosse bisogno) viene esclusa dal nostro ascolto, la batteria diventa un metronomo piuttosto vivace e il contesto della performance del chitarrista uno sfondo opaco. Certo, non siamo tutti dei pessimi ascoltatori. Il punto è che qualcosa dello spettacolo lo perderemo sempre e comunque. Vivere un show nella sua totalità invece di concentrarsi solo su quello che esce dalle mani del musicista non sembra essere così una brutta idea.
Oltre la musica
Che c’entra tutto questo con Wagner? Forse nulla. Se però al concerto dei Dream Theater è più facile trovare degli ascoltatori estraniati dal mondo e fissati sul virtuoso dello strumento in mezzo agli spettatori che semplicemente si godono il concerto, magari a Tomorrowland tutto ciò è meno probabile.
Qui, sembrerebbe esserci un più marcato senso di comunità, una qualche unione più intima del “pubblico elettronico” che va al di là dell’apprezzamento di un particolare artista.
Li chiamiamo ascoltatori meno colti, ma un popolo non è fatto solo di eruditi, che anzi non sono che una minoranza spesso irrilevante.